Napule canta ancora...
Gruppi musicali
Napule canta ancora...
L’idea dell’allestimento dell’Orchestra Spettacolo, nuovissimo gruppo musicale, “Napule canta ancora...” nasce dalla grande passione per la Canzone napoletana, passione che accomuna il M° Sebastiano Molaro e il fraterno amico Nicola Caprio con la maggior parte dei musicisti che compongono questo gruppo: M° Minale Raffaele, M° Sorbo Salvatore, M° Vernace Giuseppe.
Questa orchestra, oltre ai valenti musicisti di cui già si è detto, si avvale di tre cantanti dalla voce calda, passionale e coinvolgente: Caprio Nicola, Moschettino Christian, Buonerba Carla. Lo scopo di tale formazione è quella di riportare in auge la canzone classica napoletana e proprio per questo Sebastiano Molaro, che è autore degli arrangiamenti, ne ha creato di semplici, ma di effetto, che fanno apprezzare e rendere veramente immortali queste melodie, che la società moderna stava in qualche modo facendo dimenticare.
Grandi artisti, Musicisti e Poeti, sono riusciti a creare qualcosa che si ritiene importante (e forse "fondamentale"), non solo perché immortalerà canzoni storiche, ma anche perché è importante ricordare o riscoprire il passato, per non ripeterne gli errori e catturarne tutta l'energia positiva che ci deve aiutare ad affrontare la nostra vita di oggi.
La grande passione per la musica partenopea che da oltre un ventennio ha sempre unito i componenti e amici del gruppo, ha fatto sì che si rispolverasse un repertorio classico e allegro che si è fatto conoscere ed apprezzare in tutto il mondo e con grande caparbietà e impegno hanno deciso di fondare il gruppo che si va a presentare.
Con questo non si vuole certamente scavalcare i "Grandi interpreti" o prenderne il posto ma almeno in occasioni particolari far rivivere ai giovani, ai meno giovani ma anche agli anziani un periodo unico ed irripetibile della storia della canzone napoletana.
Nasce così l’Orchestra spettacolo:
“Napule canta ancora...".
Una lettura raffinata e appassionata di alcune “perle” del repertorio classico napoletano attraverso più di un secolo di canzoni a partire da capolavori di poeti e musicisti dell’800 per arrivare alle grandi canzoni d’autore di Di Giacomo, Costa, E. A. Mario, Bovio, Gambardella, De Curtis, Russo, Di Capua, Bonavolontà ai classici più recenti.
Di seguito i maestri componenti l'orchestra:
Arrangiamenti e tastiera: | MOLARO Sebastiano | |
Pianoforte: | MOSCHETTINO Agostino | |
Chitarra: | DI MONDA Vincenzo | |
Basso Elettrico: | LEONETTI Santolo | |
Batteria: | VARCHETTA Gabriele | |
Clarinetto: | NAPOLITANO Giovanni | |
Sax Tenore e clarinetto: | MINALE Raffaele | |
Sax Contralto e Clarinetto: | VERNACE Giuseppe | |
Sax Soprano e clarinetto: | SORBO Salvatore | |
Tromba: | MANGINO Giuseppe | |
Trombone: | VASTOLA Franco | |
Cantanti: | BUONERBA Carla CAPRIO NicolaMOSCHETTINO Christian |
È mio, e nostro gradimento, far conoscere a chi legge un po’ di storia della canzone classica napoletana e per questo si ringraziano di cuore gli autori che hanno pubblicato su Wikipedia le notizie riportate di seguito.
L'origine della canzone napoletana si colloca intorno al XIII secolo, quindi ai tempi della fondazione dell'Università partenopea istituita da Federico II di Svevia (1224), della diffusione della passione per la poesia e delle invocazioni corali dalle massaie rivolte al sole, come espressione spontanea del popolo di Napoli manifestante soprattutto la contraddizione tra le bellezze naturali e le difficoltà oggettiva di vita; si sviluppò già nel XV secolo quando la lingua napoletana divenne la lingua ufficiale del regno e numerosi musicisti, ispirandosi ai cori popolari, iniziarono a comporre farse, frottole, ballate, e ancora maggiormente dalla fine del Cinquecento, quando la "villanella alla napoletana" conquistò l'Europa, sin alla fine del Settecento. Questa espressione artistica popolare era allora carica di contenuti positivi ed ottimistici e raccontava la vita, il lavoro ed i sentimenti popolari.
Il Seicento vide sfiorire la villanella ed apparire i primi ritmi della tarantella, con la celebre Michelemmà, che pare addirittura ispirata da una canzone di origine siciliana, ma comunque attribuita al poeta, musicista, pittore, incisore ed attore Salvator Rosa. Nel secolo successivo si rintraccia un secondo antefatto della canzone napoletana ottocentesca, rappresentato sia dalla nascita dell'opera buffa napoletana che influenzò non solo il canto ma anche la teatralità delle canzoni, sia per le arie dall'opera seria che divennero un faro per la produzione popolaresca. Intorno al 1768 autori anonimi composero Lo guarracino, divenuta una delle più celebri tarantelle, rielaborata come molte altre canzoni antiche nel secolo seguente.
Altri due elementi catalizzanti la propagazione ed il successo dell'attività musicale furono innanzitutto la nascita, intorno ai primi dell'Ottocento di negozi musicali e di case editrici musicali come: Guglielmo Cottrau, Bernardo Girard, Calcografia Calì, Fratelli Fabbricatore, Fratelli Clausetti e Francesco Azzolino, che ebbero il merito di recuperare, raccogliere, riproporre talvolta aggiornandoli, centinaia di brani antichi. Un secondo veicolo di diffusione della canzone fu costituito dai cosiddetti "posteggiatori", ossia dei musici vagabondi che suonavano le canzoni o in luoghi al chiuso o davanti alle stazioni della posta o lungo le vie della città, talvolta spacciando anche le "copielle", fogli contenenti testi e spartiti dei brani parzialmente modificati. Solo nel 1901 la canzone napoletana trovò una sua dignità editoriale attraverso la nascita delle prime case editrici musicali come La Canzonetta di Francesco Feola con la collaborazione di autori storici come Libero Bovio, Pisano e Cioffi e Totó.
Nel secondo dopoguerra, invece, domina la scena lo stile di Renato Carosone che mescola ai ritmi della tarantella le melodie e gli strumenti tipici del jazz, contribuendo così ancor di più all'esportazione in America della canzone napoletana. Contributo importante anche quello di Aurelio Fierro, vincitore di cinque Festival di Napoli, che ottiene molto successo con 'A pizza e Guaglione. Tra i rappresentanti della canzone melodica, invece, spiccano i nomi dei cantanti Sergio Bruni, Mario Trevi, Franco Ricci, Mario Abbate, Maria Paris, Giacomo Rondinella, Nunzio Gallo, che danno un forte contributo arricchendo il repertorio napoletano della seconda metà del '900, portando al successo brani come Malafemmena, Indifferentemente, Vierno, Luna rossa, parallelamente all'incisione dei brani del repertorio classico della prima metà del '900.
Agli inizi del ‘900 i napoletani, erano così profondamente legati alle proprie canzoni, che il governo, nel 1919, decise di imporre una tassa sulle stesse. Ma questo popolo che di necessità aveva sempre fatto virtù, ideò come escamotage per non pagare l’imposta, un nuovo spettacolo “teatrale”, che di teatrale aveva ben poco, visto che era composto per la maggior parte di canzoni. Stiamo parlando della sceneggiata, vero e proprio dramma che trattava temi quali l’onore, la giustizia e i buoni sentimenti, nel quale i protagonisti erano spesso carcerati, malviventi e guappi in cerca di redenzione; la trama quasi sempre si risolveva in un duello finale, accompagnato spesso da omicidio.
L’avvento del fascismo sancì la chiusura di tutti i locali del varietà, essendo stati questi, secondo l’allora governo, la causa della famosa sconfitta di Caporetto, per le mollezze e le depravazioni che essi suscitavano. Un tale Raffaele Viviani, che tanto a lungo ne aveva calcato le scene, per evitare la disoccupazione, raccolse allora, i monologhi e i numeri da lui scritti e rappresentati in questi spettacoli, li mise insieme in un vero e proprio collage e li collegò con un sottile filo conduttore, sulla falsa riga di una rappresentazione drammatica. Il suo teatro dialettale, dalla forti tinte popolari, in questi anni, sarà la fucina di bellissime canzoni napoletane.
Negli anni ’40 torna in voga la macchietta, in una nuova veste però: mentre nella sua prima maniera veniva messa in scena attraverso continue trasformazioni dell’interprete, data la diversità dei personaggi che egli rappresentava, adesso con un vestito e una paglietta, dalla tesa buffamente tagliuzzata, si inscena l’intero repertorio; sostanzialmente cambia il soggetto della macchietta: non saranno più molteplici e variegati personaggi ad essere rappresentati, ma per lo più un unico protagonista: un uomo ingenuo e innamorato caduto nelle grinfie di una donna perfida e ingrata.
Siamo nel 1945, la guerra è finita e sono cambiate molte cose, tanto nel panorama della città, quanto nella vita della gente; la Napoli a cavallo dell’800-‘900, nonostante le tante tribolazioni che ha patito, diventa nell’immaginario collettivo un ricordo nostalgico, di un tempo che fu e che non ritornerà. In questo contesto, il dopoguerra segna anche la fine dell’epoca d’oro della canzone napoletana, all’interno della quale avviene un grande e importante cambiamento: scompare la figura del poeta che per decenni aveva fornito di versi e vere proprie liriche i compositori, i quali le avrebbero musicate solo in seguito ad averle lette e assimilate; in questa nuova fase invece, succede che sono i musicisti a fornire di melodie i cosiddetti parolieri che adegueranno delle strofe ad una musica già composta. C’è da dire inoltre, che la nostra canzone, sempre in questi anni, subirà la contaminazione di nuovi ritmi venuti da lontano; primo fra tutti il beguine, che sarà la base ritmica della maggior parte dei brani degli anni a venire.
Il coraggio e il professionismo di alcuni musicisti, autori di testi e interpreti, forse primo fra tutti Sergio Bruni, ha fatto sì che la canzone napoletana sopravvivesse più di quanto i tempi lo richiedessero, protraendosi fino agli anni settanta, durante i quali sono nate le ultime grandi perle di questo meraviglioso filone musicale.
Non manca in tempi più recenti però, qualche componimento musicale che richiami quelle sonorità, quel dialetto e quei contenuti che hanno contraddistinto la canzone napoletana nei secoli, pur rappresentando eventi eccezionali, in un contesto che va verso una nuova direzione, quella che, prima di farci sentire napoletani, ci proietta in un mondo senza confini cittadini, sempre più multimediale e facilmente approcciabile.
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